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Nomadi di Battiato ed il suo significato esoterico.

Cari amici e amiche, con grande onore e un profondo senso di gratitudine che oggi ci riuniamo vitualmente in queste pagine di Tau Magister per onorare la figura e l’opera di uno dei più grandi maestri del nostro tempo, Franco Battiato.

Un artista che non è stato solo un compositore di note e parole, ma un vero e proprio esploratore dell’anima umana, un alchimista della parola e del suono, capace di sintetizzare in melodie eteree e testi enigmatici un messaggio che va ben oltre la superficie della musica popolare.

Battiato, infatti, non scriveva e cantava solo semplici canzoni. Questo lo sappiamo tutti!

Egli creava simboli, codici, mappe esoteriche che accompagnano l’ascoltatore lungo un cammino misterioso, ma allo stesso tempo profondamente rivelatore.

Ogni sua opera, ogni frase, ogni accordo nascondeva un invito: un invito a percorrere una strada di conoscenza e consapevolezza, una via di ricerca che potesse condurre all’illuminazione interiore.

Non era un maestro nel senso tradizionale del termine, ma piuttosto un saggio, un illuminato. Le sue opere, offrono l’opportunità a chi è pronto di accedere a dimensioni più alte della realtà.

Oggi, in particolare, desidero portarvi in un viaggio attraverso una delle sue canzoni più emblematiche, che credo esprima in modo sublime e completo la sua capacità di veicolare un sapere esoterico antico, ma sempre attuale. Nomadi, scritta da Juri Camisasca.

Una canzone che, sotto la superficie di un’apparente semplicità, cela profondità filosofiche e spirituali infinite. La canzone di cui parliamo oggi è “La fine della strada”, un testo che, come molte delle sue composizioni, invita l’ascoltatore ad immergersi in un percorso iniziatico, dove ogni parola è un passo che ci allontana dall’illusione del mondo materiale, per condurci verso una verità più profonda e universale.

In questo cammino, Franco Battiato si fa guida, ma mai in modo esplicito. La sua musica, i suoi testi, sono come un compasso che punta verso una direzione ben precisa, ma il sentiero che seguiamo è sempre il nostro.

Ogni strofa di “Nomadi” è una chiave, ogni nota è una porta che si apre, non per rivelare una verità precostituita, ma per aiutarci a entrare in contatto con la nostra verità più intima, quella che risiede silenziosa nell’animo di ciascuno di noi.

Quando parliamo di esoterismo in Battiato, non intendiamo un esoterismo legato a culti oscuri o a pratiche misteriose, ma piuttosto una concezione della realtà che trascende i limiti del quotidiano, un’interpretazione della vita che spinge verso l’infinito.

Ogni sua composizione è una riflessione profonda sulla dualità dell’esistenza, un invito a comprendere il mondo non solo con gli occhi, ma con il cuore, la mente e l’anima.

Il “cammino del viandante”, che percorre le sue canzoni, è un cammino che risuona nelle tradizioni sapienziali di ogni tempo: quello dell’iniziato, colui che parte dall’ignoranza per arrivare alla luce della conoscenza.

Battiato, da vero iniziato, usava la musica come una medicina per l’anima.

Le sue canzoni, che spesso sfiorano la poetica del sacro, sono veri e propri strumenti di purificazione. Come un alchimista che trasforma i metalli grezzi in oro, Battiato utilizzava la sua arte per trasmutare la sofferenza, l’angoscia e la confusione dell’uomo moderno in una purezza di spirito che trascende la dimensione temporale.

La sua musica è una chiave che apre la porta di un universo parallelo, un piano dimensionale dove la musica stessa diventa il veicolo di una consapevolezza superiore.

Ma il maestro non rendeva mai tutto facile, né immediatamente accessibile. La sua genialità stava nel fatto che, per apprezzare pienamente le sue composizioni, l’ascoltatore doveva essere disposto a percorrere svariati cammini mentali.

Battiato ci chiedeva di non accontentarci della superficie, di non fermarci al livello delle parole, ma di scavare, di interrogarci, di entrare nei meandri di un pensiero che non è mai lineare, ma che si dispiega come un labirinto di conoscenza e rivelazione.

E in questo percorso, anche quando sembra che le risposte siano lontane, egli ci insegnava una verità fondamentale: che la ricerca stessa è la risposta.

La canzone che oggi esamineremo è un chiaro esempio di questa filosofia. “Nomadi” non è solo il titolo di un brano, ma una sintesi della visione battiatiana dell’esistenza.

La “strada” è il cammino spirituale, la “fine” è la meta finale della realizzazione, ma questa “fine” non è mai la conclusione definitiva. Al contrario, è un continuo ritorno al principio, una perpetua rinascita del sé che non si ferma mai.

Il cammino verso la verità, quindi, non si conclude, ma si reinizia ogni volta che il viandante si fa pronto ad abbandonare il vecchio per aprirsi al nuovo.

Un altro tema ricorrente nell’opera di Battiato è il concetto di “distacco”, che trova la sua massima espressione nelle strofe di questo brano.

“Me ne andrò dalle città” non è un rifiuto della vita sociale, ma un invito a distaccarsi dalle convenzioni, dalle illusioni che ci legano alla materialità del mondo, per scoprire la verità che si cela oltre l’apparenza.

La città, nel pensiero di Battiato, rappresenta la realtà che l’uomo ha costruito, fatta di regole, di limiti e di credenze che allontanano dall’essenza profonda della vita. Andarsene dalle città, quindi, significa allontanarsi dalla visione ristretta e limitata, per abbracciare una percezione più vasta, più aperta e universale.

Battiato, seppur avendo lasciato questa dimensione terrena, continua a vivere attraverso la sua arte. Le sue canzoni non sono semplici composizioni musicali, ma veri e propri strumenti di rivelazione che permangono nel tempo come medicine per l’anima.

Chi ascolta con attenzione, chi si sintonizza sulla frequenza della sua ricerca, può ancora oggi percorrere con lui quelle strade invisibili che conducono a un’altra forma di conoscenza.

Franco Battiato, dunque, è più di un semplice compositore. È un “viandante” tra le dimensioni della realtà, un maestro che, attraverso le sue opere, ci ha lasciato una traccia di luce per orientarci nel nostro cammino. E come ogni grande maestro, egli ci ha insegnato che la verità non si trova mai fuori di noi, ma risiede già nel nostro cuore, pronta a essere risvegliata.

Oggi, quindi, esploreremo insieme uno dei suoi testi più significativi, cercando di penetrare i misteri che si celano dietro le sue parole e di raccogliere i frutti che Battiato ci ha lasciato come una eredità spirituale. Un viaggio che non è mai finito, ma che continua attraverso la nostra ricerca personale, in attesa di un risveglio che, come ci insegna il maestro, è sempre già dentro di noi.

Qui il video di Nomadi, ricercando il suo significato:

 

1ª Strofa:

“Nomadi che cercano gli angoli della tranquillità
Nelle nebbie del nord e nei tumulti delle civiltà
Tra i chiariscuri e la monotonia
Dei giorni che passano.”

Significato esoterico:
I “nomadi”, qui, non sono semplicemente viaggiatori, ma anime erranti, cercatori di un qualcosa che sfugge all’ordinario. Sono coloro che non si accontentano di risposte convenzionali, ma che inseguono angoli nascosti, lontani dalle vie battute, alla ricerca di quella “tranquillità” che non è altro che l’armonia profonda del Sé.

Gli “angoli della tranquillità” sono luoghi lontani dal caos dell’esistenza quotidiana, spazi silenziosi dove l’anima può riflettere e ritrovare il suo equilibrio interiore.

Le “nebbie del nord” evocano il mistero, l’ignoto, il confine tra il visibile e l’invisibile.

Il nord è simbolo di un cammino verso l’ignoto, una dimensione remota, un luogo dove il velo della realtà sembra più sottile, quasi permeabile. Le “nebbie” sono quella condizione che, pur avvolgendo e nascondendo, invita alla rivelazione attraverso l’intuizione, non tramite la mente razionale.

“Nei tumulti delle civiltà” descrive la tensione tra l’essere umano e la società, la lotta tra l’individuo e le strutture esteriori che lo costringono. La “civiltà”, come concetto, è il riflesso di un ordine esteriore, spesso caotico e in conflitto con la quiete dell’anima.

Qui, però, emerge una sottile riflessione: i “tumulti” delle civiltà non sono altro che la manifestazione di una disarmonia universale, uno specchio di un conflitto che l’anima cerca di superare per raggiungere la sua pace interiore.

Infine, i “chiariscuri” che accompagnano il cammino del cercatore sono le ombre e le luci della coscienza umana.

L’oscurità e la luce sono inseparabili; il cammino spirituale è, di fatto, un attraversare costante questa dualità, in cui la “monotonia dei giorni che passano” è il ritmo dell’esistenza materiale, un fluire ininterrotto che, pur nella sua ripetitività, cela una possibilità di trasformazione. La monotonia non è altro che un terreno fertile per l’evoluzione dell’anima, che attraverso la ripetizione e l’osservazione trova la via verso l’alto.

2ª Strofa:

“Camminatore che vai
Cercando la pace al crepuscolo
La troverai
La troverai
Alla fine della strada.”

Significato esoterico:
Il “camminatore” è l’archetipo per eccellenza del ricercatore spirituale, colui che intraprende un cammino senza fine, una via che non ha una meta fisica, ma solo una destinazione interiore.

Egli non cerca una pace superficiale, ma una pace che nasce dal profondo, un equilibrio che trascende le fluttuazioni della realtà esteriore.

La “pace al crepuscolo” è una delle immagini più potenti: il crepuscolo è il limbo, il confine tra il giorno e la notte, tra il conosciuto e l’ignoto, un momento di transizione che simboleggia una verità parziale, ma avvolta in un’aura di mistero e introspezione.

Il “crepuscolo” è il momento ideale per la riflessione, per quella serenità che può essere raggiunta solo quando si lascia il giorno (l’illusione del mondo materiale) e ci si avvicina alla “notte” (la dimensione dell’inconscio e del profondo).

La “fine della strada” è la fine di un ciclo, ma anche l’inizio di un altro, di un altro viaggio interiore che non conosce fine, ma solo trasformazione.

L’enfasi sulla ripetizione: “la troverai, la troverai”, suggerisce che la pace non è mai un obiettivo da raggiungere una volta per tutte, ma una condizione che va continuamente ricercata, rivissuta, esperita. La pace non è un punto di arrivo fisico, ma una continua esperienza di armonia tra il mondo materiale e quello immateriale.

3ª Strofa:

“Lungo il transito dell’apparente dualità
La pioggia di settembre
Risveglia i vuoti della mia stanza
Ed i lamenti della solitudine
Si prolungano.”

Significato esoterico:
Il “transito dell’apparente dualità è il cuore pulsante del cammino esoterico. La dualità è la chiave della nostra percezione del mondo: bene e male, luce e oscurità, realtà e illusione.

Ma l’aggettivo “apparente” ci svela subito un segreto: ciò che vediamo come separato e opposto in realtà è una manifestazione di una stessa verità, un’unità che sfugge ai sensi e alla mente razionale. La dualità, infatti, è solo una maschera che cela l’unità, un velo che l’iniziato deve sollevare per scoprire la verità oltre l’illusione.

La “pioggia di settembre” è la pioggia che purifica, che lavora sul piano emotivo e spirituale, risvegliando la coscienza. Ogni goccia di pioggia, cadendo, rivelerebbe quei “vuoti della stanza” che sono i silenzi e gli spazi interiori non colmati da esperienze terrene, ma carichi di un potenziale spirituale.

I “lamenti della solitudine” sono il grido dell’anima che sente la sua separazione dal tutto. Questi lamenti non sono dolore, ma una chiamata al risveglio, alla riconnessione.

La solitudine è un tema fondamentale nell’esoterismo: è la condizione necessaria per l’introspezione, per il distacco dalla folla e dalle distrazioni esterne.

Il “prolungarsi” della solitudine suggerisce che l’anima deve passare attraverso una lunga purificazione, un momento di isolamento che è però il preludio alla rivelazione.

4ª Strofa:

“Come uno straniero
Non sento legami di sentimento.”

“E me ne andrò
Dalle città
Nell’attesa del risveglio.”

Significato esoterico:
“Straniero” è colui che non è più legato al mondo materiale, che non riconosce più i legami di affetto e di appartenenza che una volta lo definivano.

L’essere “straniero” è un simbolo della distacco dal sé illusorio, delle convenzioni sociali e delle aspettative umane. È colui che sta fuori dai confini tracciati dalla società, colui che è in cerca di una realtà che non si può comprendere con gli occhi, ma solo con il cuore e la mente elevata.

Il non sentire più “legami di sentimento” non è una negazione dell’amore, ma un passaggio superiore.

Significa liberarsi dai vincoli terreni, da quella forma di attaccamento che ci impedisce di sperimentare una connessione più profonda, trascendentale, con il tutto.

Non si tratta di un allontanarsi dal mondo, ma di una separazione interiore che permette all’anima di espandersi e vedere oltre l’apparenza.

“Me ne andrò dalle città” è una metafora potente: le città sono simbolo del caos esteriore, del mondo materiale, della società che ci assorbe. Andarsene dalle città non significa allontanarsi fisicamente, ma liberarsi dalle false sicurezze e dai legami mondani.

È il distacco dall’ego, dal rifugio nella convenzione, dalla schiavitù della routine. Questo “andarsene” è l’atto di un’anima che si prepara per il grande risveglio, quella fase della ricerca in cui l’individuo raggiunge la consapevolezza della sua vera natura.

“Attesa del risveglio” è un concetto profondo: è il momento di sosta prima della grande realizzazione, della discesa nella verità più profonda, quella che illumina l’intero cammino e che dissolverà tutte le illusioni.

6ª Strofa:

“I viandanti vanno in cerca di ospitalità
Nei villaggi assolati e nei bassifondi dell’immensità
E si addormentano sopra i guanciali
Della terra.”

Significato esoterico:
I “viandanti” sono coloro che continuano la loro ricerca senza mai fermarsi, camminatori tra mondi e dimensioni. La loro “ospitalità” è una ricerca di accoglienza non nel mondo fisico, ma nell’infinito, nel misterioso.

I “villaggi assolati” evocano luoghi di serenità, spazi di consapevolezza, dove la luce interiore è perfetta e totale. Ma c’è anche il contrasto: i “bassifondi dell’immensità”, dove la ricerca si fa più profonda, più ardua. In questi luoghi, lontani dalla superficie, si cela la verità che nessuno ha mai osato vedere.

“Guanciali della terra” è un potente simbolo della riconciliazione con la Madre Terra, con il ciclo della vita e della morte.

I viandanti “si addormentano” su di essi, un atto che evoca il riposo nell’unità cosmica, il ritorno al centro, dove il corpo e l’anima si ritrovano in una pace eterna.

7ª Strofa:

“Forestiero che cerchi
La dimensione insondabile
La troverai
Fuori città
Alla fine della strada.”

Significato esoterico:
Il “forestiero” è l’anima che ha già attraversato il mondo materiale e si avventura ora verso l’insondabile, quel regno che non può essere visto, solo percepito e vissuto. La “Dimensione insondabile” è la vera realtà, quella che trascende ogni comprensione umana, ogni confine.

È la vera essenza che pervade tutto, invisibile agli occhi di chi è ancora prigioniero del mondo ordinario.

“Fuori città” è ancora un simbolo di liberazione, un distacco dalle forme terrene. La “fine della strada” non è la fine di un cammino, ma l’inizio di un nuovo ciclo, una rinascita.

È la conclusione di un viaggio che non è mai stato fisico, ma solo spirituale, una via che conduce a una consapevolezza più alta, che è simultaneamente la fine e l’inizio di tutto.

Eccoci al finale!
Iil testo ci guida attraverso una ricerca profonda e misteriosa, un cammino che esplora la solitudine, il distacco dal mondo materiale e l’illusione della separazione, per giungere a una rivelazione che è al di là della percezione ordinaria.

Un viaggio che inizia nei “tumulti delle civiltà” e si conclude nella dimensione insondabile, nell’unità ultima.

One Comment

  • Mario Longherz ha detto:

    Grazie Magister Tau, mi permetto di esprimere il mio più sincero e sentito apprezzamento per la straordinaria interpretazione esoterica che hai saputo trarre dalla canzone ‘Nomadi’ di Battiato. Non è affatto semplice cogliere e tradurre in parole il significato profondo e sottile che si cela dietro un testo così ricco e complesso, ma tu sei riuscito non solo a decodificarlo, ma anche a trasmettere la sua essenza con una maestria che merita davvero di essere riconosciuta. Il modo in cui hai saputo esplorare la dimensione esoterica, senza mai cadere nella banalizzazione ma, al contrario, arricchendo l’ascoltatore con una visione più ampia e consapevole, è testimonianza di una rara sensibilità e conoscenza.

    La tua capacità di estrapolare le sfumature filosofiche ed esoteriche del brano è davvero ammirevole. Hai saputo rivelare un lato di ‘Nomadi’ che, in molti, potrebbero non aver mai considerato, riuscendo a far emergere la connessione tra le parole e le antiche tradizioni spirituali che permeano l’opera di Battiato. Ogni passaggio che hai descritto non solo arricchisce l’ascolto del brano, ma invita anche a una riflessione profonda su temi universali quali il cammino interiore, la ricerca di verità e l’equilibrio tra l’essere e l’universo.

    Mi congratulo sinceramente per l’abilità con cui hai saputo amalgamare il sapere esoterico con la musica, rendendo questa lettura ancora più affascinante e nutriente. Si percepisce chiaramente che dietro a queste parole c’è una conoscenza profonda, ma anche un amore sincero per la musica e la filosofia che, nel caso di Battiato, si intrecciano perfettamente. Grazie per aver condiviso con noi una visione così illuminante, che senza dubbio arricchisce il nostro spirito e ci stimola a guardare oltre la superficie.

    ML

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